Mi piacciono persone che sono come
me, che hanno le stesse stranezze, la stessa curva di particolarità, il peso
delle esperienze e una certa eccentricità. Mi piacciono persone come me, che
conservano la loro bellezza nell’imperfezione, nelle tracce di non banalità.
~Charles Bukowski
~Charles Bukowski
Adoro questa frase di Bukowski in cui mi rispecchio
totalmente. Mi affascina soprattutto la sintesi dell'espressione "curva di
particolarità" capace di dischiudere nella mia mente tutte le molteplici
sfumature dell’essere e gli infiniti modi di sentire. Ma ancor di più mi piace
il richiamo alla bellezza dell’imperfezione, specie in questi tempi popolati da
tanti, troppi, aspiranti cloni.
Non c'è dubbio che nella dicotomia tra perfetto e
imperfetto io sia assolutamente schierata per l'imperfezione. Come Karl
Kraus del resto, che a tal proposito sentenziava: «Per essere perfetto gli
mancava solo un difetto».
Ebbene, anch’io nutro poca simpatia per la perfezione.
Sarà che mi appare algida, astratta, distante dal calore immediato che suscita
la spontanea umanità. Non c'è tensione, pathos o vibrazione in qualcosa di
perfetto. Un diamante ad esempio, nello splendore della sua forma e della sua
luce, mi può lasciare ammirata, stupefatta forse, ma difficilmente riuscirà a
toccare le corde profonde della mia anima. La perfezione insomma la percepisco così: semplicemente
distante da me.
Rita Levi Montalcini nel suo saggio-biografia “Elogio
dell’imperfezione” sostiene che il cervello umano, a differenza di quello degli
insetti, è imperfetto ma proprio grazie a questo limite è stato capace di evolvere. Il
cervello di uno scarafaggio invece, pur nella sua perfezione, non è che la
copia conforme del suo antenato vissuto centinaia di milioni di anni fa. È
pertanto nella capacità di cambiare e di migliorarci il segreto della nostra
affascinante avventura evolutiva.
In Giappone esiste una parola Wabi-sabi, 侘寂, che può essere grossolanamente ricondotta al concetto di “bellezza dell’imperfezione”.
In realtà il termine racchiude in se una visione estetica imperniata sulla
transitorietà delle cose che può tradursi in "bellezza
imperfetta, impermanente e incompleta".
Non so esattamente cosa sia la perfezione, ma a mio avviso la bellezza è nella personalità, nell’unicità,
nel gioco dei contrasti, in ciò che rimane oltre l'apparenza. È il cogliere,
nella fugacità di un attimo, l'eterno ed immanente.
Una ruga, un difetto, un'espressione, un’anomalia,
sono come impronte digitali, il marchio esclusivo della nostra individualità.
Noi umani, nella nostra imperfezione, abbiamo questo di bello: abbiamo rivolto lo sguardo al cielo,
dato un nome alle stelle, ci siamo sforzati di ricercare un senso, abbiamo
osato sfidare i nostri limiti.
In questo
senso l'imperfezione è decisamente un dono. Se fossimo perfetti non avremmo motivi per cambiare nè tantomeno stimoli per evolverci.
Insomma trovo l'imperfezione una nuova frontiera del gusto, una forma sublime di libertà d’espressione. E come tale non posso farne a meno!
Insomma trovo l'imperfezione una nuova frontiera del gusto, una forma sublime di libertà d’espressione. E come tale non posso farne a meno!
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