Ora che
anche la scienza riconosce l'anima assegnandole perfino un peso specifico (i
noti 21 grammi misurati da Duncan MacDougall), sorprende quanto poco spazio le
venga riservato oggi in questa Giornata internazionale contro la violenza
sulle donne. Tutti analizzano il fenomeno dei femminicidi guardando alle
statistiche sugli stupri, sulle violenze domestiche, sulle molestie nei luoghi
di lavoro, sugli omicidi a sfondo passionale. Hanno importanza certo, ma c'è un
"prima" che viene poco esplorato. Sono le ferite dell'anima e la
diversa capacità di farvi fronte.
Sui media
si parla quasi esclusivamente di cronaca, di violenza e solo a margine,
incidentalmente, dei traumi dell'anima.
Eppure le
ferite emozionali esistono e non hanno sesso, sono legate
a rifiuto, abbandono, tradimento, umiliazione, ingiustizia, indifferenza.
Ogni
ferita, paura, abuso fisico o psicologico causa dei meccanismi di difesa
che in psichiatria vengono chiamati 'dissociazioni' dell'anima. Di fatto,
restiamo vivi ma subiamo una perdita di energia vitale che ci rende più
vulnerabili, più esposti, più dipendenti da altre persone.
Siamo
tutti fragili, ma invece di riconoscerci in una comune fragilità, aumentiamo le
fratture e gli stereotipi fra i sessi.
Se
vogliamo davvero cambiare le cose e contrastare alle radici questo fenomeno
credo sia opportuno allargare il campo visivo a molteplici prospettive portando
il dibattito sul piano antropologico, pedagogico, letterario, andando oltre la
psicologia delle differenze di genere.
Io nel
mio piccolo, con le mie impronte mi rivolgo a tutti, oltre ogni stereotipo.
Ecco un
manifesto contro i "luoghi comuni" cui idealmente aderisco...
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