Ci sono notti che non hanno niente a che vedere con quella parte romantica, misteriosa e sensuale del giorno, sono solo spazi bui dentro i quali si rifugiano alcune anime ferite che temono la luce, il calore, che abbracciano le ombre per sfuggire a se stesse o al proprio destino.
Certe notti segnano il letargo dell'anima, a volte avviene per un accadimento concreto, uno choc, un trauma, altre volte è solo un lento ma inesorabile scivolamento verso quella strana affezione chiamata melanconia.
Io le notti oscure le ho iniziate a curare con la scrittura. Tra le pieghe del dolore, nella ghigliottina di silenzi assordanti, piegata nel vuoto dalla pesante zavorra dei pensieri, ho trovato la forza di innestare dei piccoli germogli, le mie parole. Scrivere è diventato così un modo per riempire quei buchi neri dell'anima che riecheggiavano nelle mie notti insonni.
Normalmente scrivo per ascoltarmi, per narrarmi la vita che è o vorrei, per lasciare tracce o semplicemente per aprirmi un varco nel tempo e rallentare il flusso cui appartengo. Ma quella notte di fine agosto la curva del tempo virò bruscamente oltre i miei pensieri e mi persi dentro il racconto di un altro. Era il racconto di una resa, di una fuga, di un eclissi dal mondo. Lo imboccai quasi incosciente e mi confusi sulla scia di quei passi non miei. Quella notte indossai il suo destino e la sua volontà indolente. Lui sorrideva disincantato e mi parlava come se mi conoscesse da sempre, come se mi aspettasse da tempo. Non gli importava null'altro che il presente. "Ho perso tutto - mi disse - ed ho visto l'inferno. Oggi mi sento padrone solo del mio nome, del mio aspetto e di questo biglietto aereo che spero mi porti verso un nuovo destino, il più lontano possibile da ciò che sono stato ".
Non so perché ma mi aveva scelto, mi voleva come testimone della sua storia...
To be continued
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